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Rosario Livatino, il primo magistrato beatificato nella storia cattolica. Un anno fa la sua beatificazione

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Rosario Livatino, il primo magistrato beatificato nella storia cattolica. Un anno fa la sua beatificazione

Era atteso nella statale che ogni mattina percorreva in auto dalla sua casa di Canicatti’, che quattro mesi fa la Regione Siciliana ha deciso di acquisire al proprio patrimonio, al tribunale di Agrigento.

 

 

Era atteso nella statale che ogni mattina percorreva in auto dalla sua casa di Canicattì, che quattro mesi fa la Regione Siciliana ha deciso di acquisire al proprio patrimonio, al tribunale di Agrigento.
Aveva rifiutato la scorta e disse ai “picciotti” assassini di fargli salva la vita e come risposta ricevette in viso il colpo di grazia.
Dai mafiosi, veniva definito “U Santocchiu”, proprio per la sua fede cattolica e il suo impegno nel lavoro.
Nel decreto sul martirio e’ scritto che Livatino era ritenuto inavvicinabile dei suoi persecutori, “irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante. Dalle testimonianze, anche del mandante dell’omicidio, e dai documenti processuali, emerge che l’avversione nei suoi confronti era inequivocabilmente riconducibile all’odium fidei (odio della fede)”, al punto che, inizialmente, i mandanti avevano pianificato l’agguato “dinanzi alla chiesa in cui quotidianamente il magistrato faceva la visita al Santissimo Sacramento”.

 

 

Oggi, nel primo anniversario della beatificazione del magistrato, il segretario di stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha lodato “l’esempio luminoso” di Livatino.
Nei giorni a seguire ci saranno altre iniziative di cui una in Toscana, nella tenuta di Suvignano, nel senese, sequestrata alla mafia dove proprio oggi, 9 maggio, si svolgerà un convegno sul tema “Nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”, frase pronunciata dallo stesso Livatino che si interrogava su cosa accadrà “quando moriremo”.
Quando Livatino fu ucciso dalla mafia, all’età di 38 anni, non era molto conosciuto ad eccezione dei suoi aguzzini.
Lavorava al Tribunale di Agrigento e trascorreva le sue giornate tra i fascicoli, occupandosi di sequestri e confische di beni sottratti ai mafiosi.
Questo servì a dettare la sua condanna a morte sancita dagli uomini della Stidda, organizzazione mafiosa agrigentina, quattro dei quali, furono poi, condannati all’ergastolo.

 

 

Del “Giudice Ragazzino” oggi continua a ed essere presente resta un forte segno tangibile di impegno civile che riguarda il rapporto tra magistrati e politica.
Nel 1984 ad un convegno sul ruolo del giudice, disse: “Sarebbe sommamente opportuno che i giudici rinunciassero a partecipare alle competizioni elettorali in veste di candidato o, qualora ritengano che il seggio in Parlamento superi di molto in prestigio, potere ed importanza l’ufficio del giudice, effettuassero una irrevocabile scelta, bruciandosi tutti i vascelli alle spalle, con le dimissioni definitive dall’ordine giudiziario”.
Dopo il suo omicidio, gli investigatori impiegarono mesi per decodificare l’acronimo “S.T.D.”, riportato su appunti, documenti e quaderni del magistrato e inizialmente scambiato per un codice segreto. Alla fine si scopri’ che si trattava di un costante affidamento che Livatino faceva a Dio: le tre lettere stavano per “Sub Tutela Dei” (sotto la protezione del Signore”), principio ispiratore della sua vita e segno di una spiritualita’ profonda.
Rosario Livatino, “il giudice ragazzino” venne ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990.

 

 

Primo magistrato beato nella storia della Chiesa cattolica, proclamato tale un anno fa, il 9 maggio 2021, dopo che le autorita’ vaticane hanno giudicato quel delitto commesso anche “in odio alla fede” praticata dallo stesso Livatino.
La data di beatificazione non fu casuale: nel 1993, proprio il 9 maggio, Giovanni Paolo Secondo, nella Valle dei Templi, rivolse il suo invito perentorio ai mafiosi: “Convertitevi! una volta verra’ il giudizio di Dio!”.

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