Il ragazzino con i suoi compagni aveva lavorato a una storia fantasy con la quale avevano vinto un concorso letterario di una casa editrice. «Il merito è stato anche suo»

Nell’ultimo compito in classe ha preso 8 e mezzo parlando di Pascoli, di una poesia sulla distruzione del «nido familiare». E vengono i brividi a rileggere quelle righe con la grafia rotonda di Alessia Tardino, la ragazza di 15 anni che lo zio Angelo uscito di senno ha ucciso fra le serre di Licata sparando anche contro i suoi genitori e il fratellino di 11 anni, Vincenzo, invano nascosto sotto il letto.

Vengono i brividi all’insegnante di italiano che l’ha premiata, Floriana Costanzo: «Confidava alla sua amica del cuore le liti del padre con lo zio». Turbata come la preside del liceo classico, Ileana Tardino, solo una omonimia, alla guida di un istituto a lutto dove un banco della Seconda B da ieri è vuoto. Come succede alla Marconi, la scuola media dove tanti suoi compagni cercavano il piccolo Vincenzo non vedendolo arrivare all’ultimo banco della Seconda D con quel sorriso che conquistava il preside Maurilio Lombardo, la vice Tiziana Alesci o l’insegnante di italiano Mara Burgio. Tutti da anni vicini a questa famiglia annientata in un mattino senza ritorno. Perché anche Alessia era stata loro alunna.

Ed era scattato d’incanto un rapporto cordiale con quella signora alta e garbata, fino all’anno scorso rappresentante di classe, alla fine delle lezioni immancabile nell’androne per riprendere i figli. La ricordano così Alessandra Ballacchino, o meglio la signora Tardino, come tutti chiamavano la giovane mamma che non c’è più. E che andava fiera del suo piccolo grande campione, apprezzato anche per le idee venute fuori lavorando a una storia «fantasy» con cui la sua classe ha vinto il concorso dei 10 mila racconti, una gara centrata sul tema dell’amicizia. Come ricorda commossa la professoressa Burgio: «Il premio arriverà con la pubblicazione delle storie, un libro della casa editrice Salani. E se c’è la II D è anche merito di Vincenzo».

Per mamma Tardino erano trofei. Come quel video girato da Alessia per rievocare le tappe della vita di Padre Pino Puglisi, il beato di Palermo, «additando la malapianta della mafia». Una piccola opera d’arte, seguita da Giovanna Incorvaia, la docente entusiasta per la creatività della ragazza, perfetta anche in un mini-film girato per l’«Archeo Ciak». Con lei nei panni della dea Kore, pronta a indicare i luoghi mitologici dove era stata rapita da Ade, il dio dei morti. E tornano i brividi scorrendo l’album dei ricordi dove però non c’è traccia di inquietudine, fatta eccezione per le confidenze di Alessia alla compagna del cuore.

Provava a rasserenare i suoi ragazzi la madre, tirandoli su dopo le frequenti liti del marito con il fratello «pazzo», minimizzando: «Tranquilli, lo zio grida, ma poi gli passa…». Come se non fossero volate parolacce e minacce, archiviate come frutto di paranoie passeggere. Senza mai potere immaginare di trovarsi una mattina inseguiti in casa dallo zio armato con tre pistole.
Compita, riservata, mamma Alessandra celava i tormenti, placando anche la curiosità dei vicini. Pronta ad ammorbidire i contrasti con la cognata, Mariella Camilleri, la donna che ha chiamato i carabinieri per lanciare l’allarme dopo la carneficina. Stretta come in una tragedia greca ai suoi due piccoli, adesso rimasti orfani, ignari d’aver perso i cuginetti, uccisi dal padre suicida.
Epilogo che è un rovello per un sociologo con radici a Licata, Francesco Pira, cattedra a Messina, le controversie familiari materia dei suoi studi, ma disarmato davanti a tanto sangue: «È la prova che, come dice l’Istat, il nostro Paese è affetto da un cattivismo crescente». Fino al punto da cancellare con una carneficina il «nido familiare» evocato da Alessia nel suo compito su Pascoli.
Fonte: Corriere.it