Un commerciante pakistano di Licata, titolare di un kebab in corso Umberto, finisce in ospedale dopo essere stato picchiato da tre connazionali bangladesi. La motivazione? Un debito non saldato verso un dipendente. A quasi due anni di distanza, il tribunale di Agrigento ha emesso una sentenza che ridisegna le accuse originarie: i tre imputati sono stati condannati, ma l’ipotesi di tentata estorsione è stata riqualificata in “esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza”.
La dinamica dell’aggressione
Secondo la ricostruzione processuale, il 28 agosto 2022 i tre uomini avrebbero fatto irruzione nel locale del commerciante, esigendo il pagamento di 50 euro a settimana, minacciando di incendiare il negozio e di ucciderlo in caso di rifiuto. Al diniego della vittima, l’aggressione sarebbe degenerata in un pestaggio a calci, culminato con il ricovero del gestore.
Il processo e la difesa degli imputati
Gli imputati hanno optato per il giudizio abbreviato, chiedendo di ascoltare un testimone e di riportare la loro versione dei fatti: avrebbero agito solo per recuperare i soldi spettanti a un connazionale che aveva lavorato nel kebab, negando l’uso della violenza. Una tesi respinta dal giudice, che ha tuttavia riconosciuto l’effettivo mancato pagamento da parte della vittima, elemento chiave nel ridimensionamento delle accuse.
La sentenza e le richieste della procura
Mentre il pubblico ministero chiedeva condanne tra i 6 mesi e i 2 anni per tentata estorsione, il giudice ha inflitto pene più lievi: 6 mesi e 20 giorni di reclusione a due degli imputati, e 4 mesi al terzo, ritenuto responsabile solo di lesioni. La riqualificazione del reato in “esercizio arbitrario delle proprie ragioni” riflette la volontà di distinguere tra estorsione e una violenza scaturita da una controversia preesistente, seppur illegittima.
Un caso simbolo di tensioni sociali
Il caso solleva interrogativi sulle dinamiche tra comunità migranti e le fragilità del lavoro nero. Se da un lato la sentenza riconosce l’illegalità dei metodi violenti, dall’altro evidenzia un contesto di debiti non onorati e rapporti lavorativi informali, spesso terreno fertile per conflitti. Resta ora da vedere se gli imputati ricorreranno in appello, mentre la vittima, reduce dalle ferite fisiche e psicologiche, riapre il suo kebab sotto la scia di una giustizia solo parzialmente soddisfatta.